Mercoledì 27 Novembre 2013

Test Match – L’anno d’oro degli All Blacks (e il mezzo anno nero dell’Italia)

Resta solo il test match tra Galles ed Australia per completare il quadro degli Autumn Internationals ma è già possibile redigere un bilancio di quanto accaduto nel mese di Novembre. Gli All Blacks si salvano dalla beffa in Irlanda e vincono tutte le gare del 2013 mentre l’Italia riesce nell’impresa di rivitalizzare un’Argentina mai così in difficoltà nell’ultimo lustro e fa ancora passi indietro rispetto all’ottimo Six Nations.

ALL BLACKS AL CARDIOPALMA – Alzi la mano chi avrebbe previsto una fine d’anno così palpitante per Mc Caw e compagni. L’Irlanda, che soli sei mesi fa perdeva a Roma contro l’Italia, è arrivata infatti a una manciata di secondi dalla prima storica affermazione sui mostri sacri grazie a una prima ora di gara ai limiti della perfezione e i primi 20 minuti chiusi addirittura sul 19-0 grazie alle mete di Murray, Best e Rob Kearney. Gli All Blacks che avevano giocato meno in questo tour (out Carter, Piutau, Woodcock e Mealamu) si sono fatti mettere nettamente sotto dai Verdi ma nel finale hanno saputo tirar fuori le unghie, riaprendo il match con la meta di Ben Franks a un quarto d’ora dalla fine e strozzando l’urlo in gola ai tifosi dell’Aviva Stadium con la meta del pareggio di Ryan Crotty e la trasformazione della vittoria da parte di Aaron Cruden, numero 10 che in tutte le altre nazionali del mondo sarebbe titolare inamovibile ma negli All Blacks è “solo” il rimpiazzo di Carter.

EN PLEIN - Per la 23ma volta gli All Blacks vincono tutte le gare dell’anno ma questo 2013 è quello che vale davvero per l’albo dei record. L’ultima volta fu infatti nel 1989 e i test furono solo 7 in un’era dove il Sudafrica non scendeva in campo e, di conseguenza, non esisteva nemmeno il Tri Nations. Per capire la portata dell’impresa “tuttanera” basta evidenziare il numero totale di partite, 14, e gli avversari sconfitti: quattro volte la Francia, tre l’Australia, due il Sudafrica, due l’Argentina più Inghilterra (a Twickenham), Irlanda e Giappone. Quanto sia difficile portare a termine un simile capolavoro lo si è visto proprio nella gara di sabato a Dublino dove stanchezza, fisica e mentale, e un pizzico del tennistico “braccino” sono venuti fuori nella prima parte di gara. Tra gli AB c’era chi come Kieran Read, che con tutta probabilità sarà il Player of the Year per l’IRB, ha disputato una trentina di partite tra Super Rugby e Nazionale. Gli All Blacks hanno rischiato di inciampare sull’ostacolo più semplice proprio per le energie ridotte al lumicino dopo una stagione interminabile in cui i giocatori vengono logorati dal livello di gioco che non scende mai. Il Rugby Championship è indubbiamente più difficile del Six Nations, l’Heineken Cup è paragonabile al Super Rugby ma la competizione europea prevede molte meno partite e alcune di esse non sono di livello così elevato. Un’impresa del genere non è frutto del caso, è frutto dello strapotere del team di Steve Hansen.

ITALIA? AHIAIAI – Se da un lato registriamo l’anno d’oro degli All Blacks, guardando in casa nostra c’è solo da leccarsi le ferite per come si è chiuso il 2013. Chiuso il Six Nations migliore di sempre grazie alle affermazioni su Francia e Irlanda, gli Azzurri hanno portato a casa zero vittorie dal tour estivo in Sudafrica con un bilancio attenuato da esperimenti vari, dai tanti esordi in azzurro e dagli infortuni e poi chiuso la stagione con tre prove deludenti con Australia, Fiji e Argentina. I Wallabies ci hanno fatto a pezzi quando solo 12 mesi fa si salvavano dalla beffa a Firenze, le Fiji hanno giocato mezz’ora con l’uomo in meno ma hanno sfiorato il sorpasso nel finale del match di Cremona mentre la peggior Argentina degli ultimi cinque anni ha violato l’Olimpico (triste vedere tanti spazi vuoti sugli spalti) dominando in touche e in mischia chiusa ma commettendo anche tantissimi errori e falli. Nella gara coi Pumas, gli Azzurri non hanno saputo elevarsi al di sopra dell’indisciplina ospite ma, anzi, sono scesi allo stesso livello e si sono fatti beffare dal piede di Nicolas Sanchez, ormai molto più che un erede del Mago Hernandez e del Doctor Contepomi.

COSA NON VA – La difesa azzurra è passata da punto forte a tallone d’Achille. Se fino a marzo sapevamo che tenendo gli avversari intorno a quota 20 punti o di poco sotto, ci saremmo giocati le nostre chances di vittoria (di esempi ce ne sono a bizzeffe), ora non è più così perché l’Australia e il Sudafrica contro di noi segnano intorno ai 50 punti, Scozia, Fiji e Samoa sfondano quota 30. Difficile vincere quando si subisce così tanto. Beffa finale poi con l’Argentina che ne fa 19 ma noi sprechiamo quattro piazzati più una trasformazione e non riusciamo a sopravanzarli. Non è andato bene nemmeno l’esperimento di Tommy Allan da numero 10. Sul piano del gioco l’italo-scozzese di è ben comportato, distribuendo bene il gioco e non risparmiandosi nei placcaggi. Cinque errori dalla piazzola sono però troppi nel rugby moderno e sono inammissibili in una partita giocata punto a punto, su un campo pesantissimo come quello di Roma. Ma il ragazzo ha stoffa e il piede è buono, si farà. Soffriamo poi maledettamente le nuove regole della mischia chiusa e coi Pumas abbiamo fatto fatica come non mai in touche. Per i nostri senatori non si trovano sostituti di livello nelle nuove generazioni, basti pensare che, proprio per sistemare la touche, nella gara di sabato ci è voluto l’ingresso di Bortolami per mettere un minimo d’ordine in rimessa. Ma il buon Marco non è l’unico “costretto” a restare in azzurro per evidente mancanza di nuove leve. Tra gli Azzurri quest’anno sono scesi in campo Canale, Mauro Bergamasco, Aguero mentre la coppia Parisse-Castrogiovanni ha tagliato il traguardo dei 100 caps. Nel caso degli ultimi due citati però va detto che sono giocatori di livello mondiale ed è pressoché impossibile pescare dal cilindro qualcuno della stessa caratura. Il recupero dagli infortuni di Sgarbi, Benvenuti e Favaro può giovare al processo di ricambio sul quale però è caduta la brutta tegola di Morisi che dopo l’asportazione della milza è difficile rientri in quel giro azzurro in cui aveva ben figurato.

COSA VA – La faccia buona della medaglia azzurra riguarda la parte offensiva: giochiamo tutto il giocabile, anche rischiando giocate sopra le righe, e marchiamo più mete rispetto al passato. Siamo più divertenti da vedere con la palla in mano e senza dubbio questa è opera di Brunel. In mischia non abbiamo confidenza con le nuove regole ma a breve arriverà Giampiero De Carli a tentare di farle digerire ai nostri avanti. Tra gli esordienti si è ben comportato Campagnaro, molto bene con le Fiji e in meta coi Pumas. Mc Lean ha disputato tre buoni test nel ruolo in cui si attende il rientro di Masi, Iannone si è ben difeso all’ala dove a Mirco Bergamasco viene lasciato tutto il tempo per recuperare dal terribile infortunio della passata stagione. Tra gli avanti e pare superfluo citare Zanni, tra i migliori numeri 6 al Mondo, e si sono viste buone cose da parte di Furno. Per la banda Brunel appuntamento al Millennium di Cardiff dove l’1 febbraio ci aspetta un match durissimo coi Dragoni padroni di casa. Speriamo di arrivarci con più cose a posto rispetto alle ultime uscite.

Marco Previtali - 4rugby.it