Sabato 04 Febbraio 2012

Carlo Cracco: "In cucina il terzo tempo non esiste..."

A pochi passi dal Duomo, nel cuore pulsante della città meneghina, abbiamo incontrato tra le mura amiche del proprio ristorante Carlo Cracco. La punta di “diamante” di Masterchef Italia, protagonista assieme alla Nazionale Azzurra della campagna pubblicitaria di SKY per il lancio del Six Nations 2012, in esclusiva per i lettori di 4rugby.it, si racconta a ruota libera parlando del proprio rapporto con lo sport ed in particolare col mondo della palla ovale. Foto: Lorenzo Rui, Fotografo - allphoto.it

Com’è stato lavorare con i rugbisti nello spot televisivo del Six Nations di SKY?
“Facile… Oserei dire molto facile…”
Siamo curiosi. Alla fine in televisione sono più bravi i cuochi o i rugbisti?
“Direi entrambi. Cuochi e rugbisti hanno caratteristiche molto simili”
In questo spot lei ha avuto una grande responsabilità: quella di consegnare il famigerato “cucchiaio di legno” a Martin Castrogiovanni. Compito ingrato e anche un po’ pericoloso…
Sorride Cracco - “Non è stato difficile e in più penso sia stato un modo per incitare tutta la squadra a non tornare a casa con l’oggetto in questione. Spero sia di buon auspicio. In più questa del “cucchiaio di legno” trovo sia una punizione/tradizione simpatica, scherzosa e davvero atipica. Negli altri sport non c’è questo tipo di punizione. Una punizione che, tra l’altro, non porta a nulla. E poi la cosa bella è che col terzo tempo si sistema tutto e tutte le controversie si chiudono lì”.
La cucina italiana è senza dubbio sul podio mondiale, senza dare per scontato che potrebbe essere anche sul gradino più alto del podio, c’è qualche spunto, qualche idea che il nostro rugby potrebbe attingere dalla nostra tradizione culinaria?
“E’ difficile dirlo… La cucina italiana è diventata famosa grazie agli emigranti, quindi grazie ai nostri avi che sono dovuti emigrare a causa di guerre, carestie o per la mancanza di lavoro. C’era chi andava in America, in Australia, ecc… portandosi dietro i prodotti e le tradizioni della propria terra: l’olio, i pomodorini, il formaggio e i salumi: la famosa “valigia di cartone”. Questa è stata la vera fortuna della cucina italiana – seguita l’intervistato - Oggi sta accadendo una cosa simile anche nel rugby. Quindi ci sono parecchi oriundi, ragazzi come Martin che non sono nati qui in Italia, ma che adesso stanno tornando e rientrando stanno apportando davvero molto al nostro rugby. Anche per questa mentalità così aperta e tollerante il rugby si sta dimostrando uno sport molto più avanti di tanti altri”.

C’è stato o ci sono stati dei siparietti simpatici, accaduti durante la registrazione della pubblicità di SKY, che potrebbe raccontarci? Senza compromettere nessuno chiaramente…
“Sono accadute cose simpatiche durante la rottura del cucchiaio… Tra noi che ridevamo, la camera che non era pronta a riprendere o Martin che non sempre riusciva a spezzare il manico del cucchiaio, abbiamo fatto dannare un po’ il regista.
Alla fine credo che prima di avere la scena buona Castrogiovanni abbia dovuto spezzare almeno, almeno, sedici cucchiai… Insomma è stato un bell’allenamento…”
Il suo rapporto col rugby?
“E’ uno sport che mi piace molto perchè è legato a valori unici, particolari e difficilmente riscontrabili in altri sport. Ci si massacra durante la partita ma finito il match termina tutto. Non dico che si arrivi a diventare amici, ma c’è rispetto, non c’è frizione, è uno sport, per come la vedo io, molto più vero di tanti altri. In più lo ritengo molto formativo per i giovani…” Continua Cracco: “Per capirci meglio. Per seguire un match di rugby mi libero o mi preoccupo di liberarmi… Per il calcio nemmeno ci penso…”

E il suo rapporto con lo sport in generale?
“Ottimo direi. Lo sport rappresenta l’eccellenza ed è bello vedere e vivere la competizione o la passione che ti porta a voler lasciare un segno. Ad esempio mi piace l’idea che nel Six Nations l’Italia, magari, non riuscirà mai a diventare la regina… Però in generale può lasciare un’impronta nella storia di questa competizione”.
Lei ha vissuto per tre anni in Francia. Il match d’esordio dell’Italia con i “galletti” avrà quindi un sapore particolare per Carlo Cracco?
“Sì infatti mi hanno anche chiesto di andare, ma purtroppo sarò fuori Italia. Vivrò questa partita come un esempio, noi contro i tanto odiati cugini, anche se in fondo siamo uguali. Speriamo solo di copiarli e di riuscire a batterli come già accaduto – posegue Cracco in modo ironico - Alla fine è questione di chili, se hai le linee che tengono è un conto…”

Tra il rugby e la cucina ci sono dei punti in comune, delle similitudini? Se sì quali sono?
“Penso il gioco di squadra e l’idea di gruppo più in generale. Il singolo è l’eccellenza ma, sia sul campo che in cucina, se non c’è dietro il gioco di squadra manca tutto. Più la squadra è unita, solida e affiatata più il risultato sarà alto, lo stesso vale per la vita di cucina, l’obiettivo deve essere unico e condiviso, solo così si può soddisfare il cliente”.
Apriamo una piccola ma doverosa parentesi che la riguarda: tiriamo un piccolo bilancio riguardante la sua partecipazione a Masterchef Italia.
“Direi che posso essere soddisfatto e, dopo le prime puntate, ne sono uscito bene. All’inizio non riuscivo a capire alcuni passaggi ma dopo essermi confrontato con gli autori ho deciso che mi sarei dovuto comportare come in cucina. Io non sono un presentatore, io sono un cuoco, sono il Masterchef. Ecco perché quando mi dissero di guardare le puntate americane non ci ho nemmeno pensato lontanamente… Figuriamoci se devo guardare gli americani per imparare a stare in cucina”. Continua nella propria analisi l’intervistato: “E’ stata un’esperienza bella e positiva. In più mi affascina provare cose nuove, scoprire nuovi percorsi e nuove strade. La mia carriera è stata dettata ed è dettata dalla continua ricerca”.

Se non erro lei è di Vicenza ma abbiamo avuto modo di constatare che conosce molto bene il dialetto Milanese… I suoi “va’ a cagare” sono diventati un ingrediente importante del programma…
Sorride ancora divertito Cracco - “Adoro i dialetti perché sono immediati. Il ‘va’a cagare’ milanese è così diretto, così comprensibile senza essere volgare, che si va sul sicuro. Ti fai capire subito…”
C’è una cosa che il rugby potrebbe insegnare alla cucina?
“Senza alcun dubbio il ‘terzo tempo’. Noi cuochi siamo sempre pronti a sgomitare per primeggiare, siamo sempre competitivi e non manchiamo mai di ‘scannarci’. Questo tempo è perpetuo, quindi non c’è solidarietà o senso di appartenenza, a differenza dei rugbisti.
Insomma tra i cuochi manca il senso del gruppo e spesso basta girare l’angolo per ricevere le bordate”.

Quindi la ‘cucina’ è spesso più spietata del terreno di gioco?
“Eccome… Le faccio due esempi recenti. Una volta che ho deciso di partecipare a Masterchef in tanti hanno detto, ecco è finito, ora si dà alla televisione. Poi quando il programma ha fatto i numeri che tutti sapete, ed il progetto è andato bene, allora sono arrivati i complimenti ruffiani. Oppure ci sono state altre persone che hanno detto, sapete sarei dovuto andare io al suo posto ma gli impegni mi hanno impedito di partecipare… - continua con tono ironico Cracco - Il secondo caso riguarda un altro progetto che stiamo sviluppando assieme ad un’istituzione. Una volta che la cosa ha preso forma in tanti hanno tentato di attaccarsi al carrozzone… Così ho dovuto ribadire che le cose non funzionavano così e che gli altri avrebbero dovuto rimboccarsi prima le maniche e muovere il culo…”
Come si dice in gergo tecnico culinario
“Appunto…”

Le andrebbe di chiudere l’intervista con una ricetta per invogliare gli azzurri e spronarli per l’esordio con la Francia?
“No, ho una proposta migliore: lasciamoli senza mangiare per mezza giornata prima del match… Li sfameremo solo in caso di vittoria…”
C’è sempre la convenzione di Ginevra!
“Sono d’accordo con lei ma si ricordi che la fame, a volte, fa fare cose straordinarie…”

Intervista curata da Alberto Feola

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