Martedì 04 Dicembre 2012

Test Match - La fine è solo l’inizio

L’Inghilterra trionfante sugli All Blacks ha due bellissime facce. Il Galles perde con l’Australia e piange a dirotto finendo in terza fascia nel sorteggio mondiale.

INGHILTERRA IN CERCA D’IMPERO - L’Inghilterra ha dentro sé l’essenza stessa del rugby: non darsi mai, MAI, per vinti. Può essere un pregio, e certamente lo è, ma anche un terribile difetto, che accieca. Gli inglesi partono vincenti nel loro spirito sempre, sono a volte boriosi infatti, superbi, snob, ottusi ma anche orgogliosi, forti, vincenti. È così che hanno battuto i migliori di tutti, per altro davvero opachi, che per la prima volta perdono dopo la Kapa O Pango; e come hanno fatto? Attacco e difesa, difesa ed attacco. Le due fasi di gioco che si alimentano l’una dell’altra, ogni volta che metti un calcio di punizione fra i pali placchi meglio, con più foga, con un compagno nel posto giusto che ti dà fiducia extra. Ogni volta che rubi un pallone passi meglio, calci meglio, desideri segnare una meta, segni. I due giocatori simbolo di questa vittoria non possono che essere Robshaw, capitano che rimanda al mittente con spese di spedizione a carico le critiche stupide che ha subito per due lunghe settimane, e Farrell, apertura schierata intelligentemente da Lancaster al momento giusto che ha saputo dare imprevedibilità e ritmo al gioco dei suoi, a soli vent’anni.
Ciò che rimane di questa partita è un segnale forte, fortissimo, che nei due paesi avrà un’eco pazzesca: gli inglesi ora vorranno costruire nei prossimi 3 anni la vittoria del mondiale che disputeranno in casa, il loro nuovo Impero! La Nuova Zelanda si torturerà senza sosta, come ha sempre fatto dopo una sconfitta, fino a quando non troverà la sua vendetta, la partita che metterà a posto le cose. Come non pensare ancora a una sfida mondiale?

LAST MINUTE TO HELL - Un ultimo fatale minuto invece, quello della meta della vittoria australiana, è costato una stagione al Galles di Gatland che così si ritrova un mondiale già in salita con una Pool terrificante: Australia, Inghilterra, Galles e quasi certamente Fiji.
Australia e Galles sono forse le due squadre più simili del panorama internazionale e sabato si è visto, giocano un rugby sicuramente propositivo, multifase, che mira a entrare nelle difese aggirandole con giocate sequenziali piuttosto che forzandole. In difesa? Attaccano ancora, il loro obiettivo difensivo è senza dubbio segnare una meta, sono maestri infatti nei famosi palloni di recupero che trasformano sempre con grande efficacia o grazie ai quali interrompono le giocate avversarie evitando il continuo scontro fisico uno contro uno. Sono buoni in mischia chiusa, maestri in touche, funzionali nel gioco al piede.
E allora che cosa poteva fare la differenza sabato? Beh le solite piccole cose: bontà delle esecuzioni e delle scelte, disciplina, aggressività, voglia di vincere. L’Australia è stata più brava, leggermente più brava, di preciso 12 a 14: ha causato più tenuti dell’avversario, ha preso meno calci di punizione, ha segnato una meta e l’ha fatta trasformare al suo eroe di giornata, un certo Nathan Sharpe al 116’ e ultimo test match della carriera.
Ora Gatland ha tre anni per ricreare un gruppo capace di riaffermarsi nel 6 Nazioni, di guidare il Tour dei Lions che lui stesso allenerà e che ironia della sorte fa visita proprio all’Australia e di uscire vincente da quella terrificante Pool. Ma le energie mentali per tutto questo risiedono ancora negli imbattibili Dragoni di un tempo?

Pietro Lagorio - 4rugby.it